Una giornata assolutamente “Sfavillante” di fronte alle stelle che hanno preso parte a uno degli eventi calcistici italiani più ambiti e importanti: la “Hall of Fame”, ormai giunta alla sua terza edizione, si è tenuta nel “Salone dei Cinquecento” a Palazzo Vecchio e ha visto partecipi Franco Baresi, Gabriel Batistuta (sicuramente il personaggio più atteso e più amato nella città di Firenze), Fabio Capello, Massimo Moratti, Gianni Rivera, Eraldo Monzeglio e le due giacchette nere, classificate ex aequo, Cesare Gussoni e Sergio Gonella.
Le “nominations”, un po’ come avviene con le star di Hollywood, sono state scelte da una Commissione composta dal Presidente dell’Unione Stampa Sportiva Italiana Luigi Ferrajolo e dai direttori delle più importanti testate giornalistiche sportive nazionali.
Sia chiaro, non voglio tediarvi con il solito elenco della spesa, anzi voglio darvi un punto di vista diverso, di chi la giornata l’ha vissuta, di chi si è commosso di fronte alle parole di Sergio Gonella e di chi è uscito, da una stanza centenaria, rinvigorito e più giovane, perché, come si suol dire, le virtù non invecchiano e i veri valori sportivi permangono negli Uomini veri.
Di fronte al Presidente Marcello Nicchi, il segretario Francesco Meloni, Pierluigi Collina, Gianluca Rocchi e molti altri ancora spicca la presentazione dei due celeberrimi Arbitri Cesare Gussoni e Sergio Gonella.
Riccardo Cucchi introduce così le due figure arbitrali, che oggi hanno lasciato l’intero salone senza parole, pertanto lascio leggere a voi le testuali parole, cosicché possiate rivivere gli interminabili brividi che mi hanno accarezzato: “Quando gli arbitri erano le giacchette nere e i colli bianchi delle camicie conferivano eleganza e autorevolezza al loro ruolo; era un’eleganza legata anche al solo gesto della decisione irrevocabile, che teneva a distanza i calciatori e che imponeva loro di avvicinarsi al direttore di gara con le mani dietro la schiena.
- Sergio Gonella concesse sette rigori nelle prime sette giornate del campionato 1965-1966 e si guadagnò la fama di arbitro Severo e Imparziale, qualità che lo portarono a dirigere la finale degli Europei di Belgrado tra Cecoslovacchia e Germania Ovest e la finalissima del Mondiale Argentino del 1978 tra Argentina e Olanda: un record raro aver diretto due finali di tale prestigio
- Cesare Gussoni ha diretto 106 partite di A, profondo conoscitore delle regole, non solo calcistiche, esperto arbitro internazionale: diventa designatore nel 1985 e di nuovo ebbe tale responsabilità nel 2006, in un momento difficile e delicatissimo per il calcio italiano e per il mondo arbitrale, scossi da calciopoli. Fu il presidente dell’AIA votato a una difficile ricostruzione di un processo per ridare fiducia ai direttori di gara italiani.”
Un Sergio Gonella visibilmente commosso, mentre sullo schermo frontale alla sua sedia a rotelle scorrono le immagini della sua lunga, onesta, imparziale e eccelsa carriera; un Sergio Gonella che prende parola a fatica e inizia così il suo discorso, lasciando tutti con gli occhi lucidi: “Io chiedo scusa se mi presento in queste condizioni non è colpa mia (fa ovviamente riferimento alla sua voce spezzata dalla commozione e alla sedia a rotelle su cui siede)”. Un lunghissimo scroscio di applausi e un doveroso rispetto permeano la sala. Continua con la sua solita onestà intellettuale: “Io ho cominciato a fare l’arbitro perché avevo sentito dire che davano la tessera per andare a vedere le partite allo stadio gratis. Nella prima partita che ho arbitrato, poiché non avevo ancora la divisa, un mio amico ferroviere mi prestò la giacca da ferroviere nera e ho arbitrato con la giacca da ferroviere, ingannando anche il pubblico”. Ancora visibilmente più commosso, ma sempre con fermezza dice: “sono emozionato questa sera di essere qui, con tutti questi campioni del calcio e (dopo una pausa di qualche secondo) non so se posso stare con loro, vi ringrazio proprio di avermi invitato, mi avete fatto una emozione tremenda”. Segue un altro scroscio di applausi, la commozione del Presidente della FIGC Giancarlo Abete, la commozione di sua moglie e, seppur poco possa interessare, anche la mia commozione, che tuttora resta e mi accompagna in questa scrittura. “ho incontrato stasera delle persone per le quali avevo la massima stima, per le quali continuo ad averla e che mi hanno emozionato ancora con la loro presenza. Vi ringrazio proprio tutti”
Gonella, sicuramente un Uomo, di quelli con la “U” maiuscola, è essenzialmente umile, semplice, onesto e accentua ancora quel senso di ammirazione e tanta, ma veramente tanta, stima che tutti hanno nei suoi confronti: “quando andavamo ad arbitrare, il nostro fine era quello di non portare a casa niente. Cercavo sempre di spendere i rimborsi per mia moglie, solo per poter spendere quei 125 Franchi che la FIFA e la UEFA ci davano”. Ad ogni pausa, un nuovo fragoroso applauso accompagna le parole di Sergio, che acquista ancora più forza e vigore, più serenità e, seppur apparentemente impossibile, più umiltà: stavolta è Gussoni a commuoversi.
Ribadisco, ero presente, guardavo le facce di chi mi stava vicino e vedevo solo occhi lucidi, respiri smorzati, profondi; vedevo persone, dai ragazzi delle scuole calcio ai più anziani, che ascoltavano a bocca aperta (mi duole non avere le immagini per farvi vedere una simile scena: che ancora mi vien da sorridere al pensiero di come le vere Virtù siano apprezzate da ogni persona e al pensiero di come un Signore, che neppure conoscevo e che mai avevo visto arbitrare, è riuscito a trasmettermi una simile sensazione di pienezza e armonia, ma allo stesso tempo di tediante malinconia, per quei valori, che oggigiorno facciamo fatica a ritrovare in qualsivoglia luogo.
Continuo e mi auguro che non vi siate stancati, ma penso che ne valga veramente la pena. Ritorniamo al presente della cerimonia. Stavolta tocca a Gussoni parlare e, anch’egli, contribuisce a creare una situazione di mistica armonia e perfezione: “per me è un onore essere stato premiato oggi con Sergio Gonella e voglio ricordare che ero anch’io a Belgrado con Sergio ed ero l’Assistente numero 1: per me è un onore essere premiato qui con Sergio, è stato un arbitro più bravo di me”.
Adesso mi resta ben poco da scrivere, anche perché la mie parole finirebbero per offuscare o per mettere in secondo piano, quello che è racchiuso nelle parole di questi due grandi Esempi di Persone da seguire, perché, in fin dei conti, quel dono simbolico che i Campioni hanno fatto al museo del Calcio serve per eternare e rendere immortali i principi di quelli che furono Uomini Veri, nel campo e fuori da esso, e per far sì che dei ragazzi possano sognare di poter compiere le gesta dei loro eroi e di poter, in qualche modo, somigliare loro.
In concreto, il segnale che si è dato è quello di un cambiamento, è quello di una prospettiva migliore: “il Calcio è stato, il calcio è ed il calcio sarà”, ma per poter parlare di futuro, bisogna cominciare a lavorare subito, cosicché l’Italia torni a distinguersi nel mondo per valori puri, partendo dal presupposto che se siamo stati la “Culla del Calcio”, possiamo tranquillamente tornare a farci valere, ancor più forti di prima. Chissà che là, seduti su quelle poltroncine, non ci sia un futuro Arbitro che prenda esempio da Gonella o da Gussoni, prendendo spunto dalle loro bellissime e incorruttibili parole.
Davide Delgadillo
La fotogallery dell’evento:
Pagina 9 – 10 della rivista L’Arbitro